Stamattina ho salutato la fumosa Patna con un senso di sollievo e con l’eccitazione per i giorni che verranno. La giornata è stata molto positiva grazie a una buonissima corrente che mi ha fatto percorrere in totale circa 30 km. Qui finiscono le buone notizie.
Le cattive notizie sono che il fiume oggi è stato il più sporco che ho incontrato dal giorno della partenza. Oltre a me, accompagnati dalla corrente ho incontrato numerose carcasse di animali, un cadavere umano e i resti mezzi carbonizzati di altri corpi.
Mi ero preparato da tempo a questa evenienza, ma non mi sono trovato pronto. Come sicuramente saprete, gli induisti praticano la cremazione sulle sponde del fiume sacro e quando il corpo del defunto è completamente incenerito ne buttano i resti nel fiume. Ci sono però alcune eccezioni: alcuni corpi non vengono cremati e tra questi ci sono i bambini sotto i 7 anni, le donne incinte e le persone morte a causa di morso di serpente. A queste persone spetta un viaggio molto più lento verso l’aldilà, lento come la corrente del Gange.
Mi rendo conto che parte della sensazione di disagio che sto vivendo in queste ore è figlia della cultura nella quale sono stato cresciuto, che crea una separazione netta tra vita e morte. Qui invece tutto è uno, senza separazione tra vita e morte, tra uomini e animali. Qualche giorno fa, passando per un burning ghat, un luogo in cui si esegue la cremazione sul fiume, era in corso una di queste cerimonie e pochi metri più in là un bambino pescava. Tutto è uno.