In questi ultimi giorni mi sono mosso veloce attraverso più stati confinanti. In un tratto, ieri, per esempio, ho navigato tra Bihar, Jharkhand e West Bengol. È dalle piccole cose che mi accorgo che sto attraversando i confini statali; lo vedo dall’ambiente naturale, che è passato in poco più tre giorni dalla pianura arida del Bihar alle colline ricche di vegetazione del West Bengol.
Anche il saper fare cambia, le piccole barche in legno dei pescatori del Bihar hanno lasciato il posto a barchette, ancora più piccole e leggere, fatte di lamiera. Quella ondulata dei tetti, per intenderci! È interessante anche notare come il letame essiccato, che ovunque viene utilizzato come combustibile domestico, prende forme diverse, dalla forma a plum-cake a quella a frittata. Una cosa però la ritrovo sempre, ovunque vado gli uomini sono grandi consumatori di gutkja, il tabacco da masticare che li trasforma in fabbriche ambulanti di sputate marroni.
Ma la cosa da cui mi accorgo che mi sto muovendo attraverso l’India è che il viaggio inizia ad affaticarmi molto e con la stanchezza divento distratto. Ieri, per esempio, sono partito dimenticando di portare a bordo la sacca dell’acqua. Me ne sono accorto giusto in tempo per comunicarlo a Kunal, il mio prezioso assistente indiano, che era sulla sponda del fiume a guardarmi partire come sempre. In quell’istante, indeciso se tornare indietro o proseguire, ho fatto un veloce conto matematico e considerata l’esigua distanza che dovevo coprire, ho pensato che sarebbe stata fattibile in poco più di 4 ore. Non potevo essere più lontano dalla verità, infatti è stata una giornata lunghissima e lentissima, con velocità media di 1,7 km/h, finita con l’essere, un’altra volta, raccolto e accompagnato a terra da un barcaiolo di passaggio.
Senza l’aiuto di questi indiani sempre pronti a darmi una mano, non riuscirei davvero a percorrere questo grande e imprevedibile fiume.