E’ il fiume più lungo d’Italia, ma non è vissuto come un fiume nazionale. Attraversa quattro regioni e per un lungo tratto ne demarca il confine. Ogni città, ogni singolo territorio, da Torino a Ferrara, sente come proprio il solo pezzetto prospiciente, come se a monte o valle non gli appartenesse, finendo per essere acqua di nessuno.
Ci si ricorda del Po soltanto in occasione di emergenze, come siccità o alluvioni, per il resto è ignorato, ne è testimonianza la poca gente che lo frequenta. Però per secoli è stato luogo di vita, di pesca, di transito con imbarcaderi, di osterie e locande di servizio. A scuola ne abbiamo imparato a conoscere gli affluenti di destra, di sinistra, dove nasce e dove sfocia, ma ci sono tante cose che ancora non si conoscono e che, per la salute nostra e dell’ambiente che ci circonda, non possono più essere ignorate.
Per esempio il Po è il terzo fiume ( dopo Nilo e Rodano) che contribuisce di più all’inquinamento di plastica del Mediterraneo. Il Mediterraneo è oggi considerato uno degli ambienti più minacciati al mondo, sottoposto a una grande pressione dovuta all’elevata densità di popolazione – vi si affacciano circa mezzo miliardo di abitanti – alla sua condizione di mare semi-chiuso con scambi limitati con l’oceano Atlantico, all’afflusso di turismo e traffico mercantile, fino alla mancanza di politiche di gestione dei rifiuti coerenti tra i Paesi.
La plastica totale accumulata nel nostro mare è stimata nell’ordine di grandezza di 1,1 milioni di tonnellate, composta per il 94% da macroplastiche e per il 6% da microplastiche: sono numeri che non possono lasciarci indifferenti e che attraverso questo viaggio ho voluto contribuire a mettere in evidenza.
Il prelievo di acqua per uso agricolo è un problema estremamente importante. Si calcola che nel mese di luglio 2021 sia stata esportata per uso agricolo la quantità record di 220 milioni di metri cubi, pari a circa il 60% della quantità d’acqua dolce utilizzata per produrre beni e servizi, seguita dall’industria, che non supera il 24%.
L’acqua, prelevata dal fiume per scopi di irrigazione, finisce poi per ritornare al fiume arricchita di sostanze azotate le quali possono provocare impatti ambientali su fiumi, laghi e acque costiere in quanto favoriscono la proliferazione incontrollata di alghe e la diminuzione della qualità di tali ambienti.
Sul delta, infine, si assiste a una pericolosa invasione dell’acqua salata nelle falde freatiche, sia per cause naturali sia per cause antropiche come la costruzione di canali, l’urbanizzazione e la cementificazione che riduce l’infiltrazione dell’acqua nel sottosuolo. Basta una piccola contaminazione di acqua marina per rendere inutilizzabile l’acqua a scopo agricolo e potabile e con valori di salinità ancora maggiori l’impatto sugli ecosistemi costieri è inevitabile.
Ci sono tanti significati in questa navigazione aggiunta al programma originale di 10 Rivers 1 Ocean. Il più semplice è quello di portare i temi legati all’inquinamento dei fiumi e all’inquinamento marino vicino alle coscienze degli italiani che, altrimenti, manterrebbero sempre una distanza psicologica tra essi e la crisi ecologica.
Con questo viaggio volevo anche ribadire un concetto sempre ignorato: tutto in natura è interconnesso con tutto il resto. Così come una goccia di pioggia è connessa all’oceano intero, alla stessa maniera la salute di fiume è connessa alla salute dell’uomo e del mondo più vasto.
La navigazione del Po è durata 13 giorni in totale durante i quali io e il mio compagno di viaggio, il celebre artista di Youtube Emalloru, abbiamo percorso oltre 340 km partendo da Monticelli d’Ongina in provincia di Piacenza, luogo in cui sorge la centrale idroelettrica dell’Enel, l’ultimo sbarramento artificiale. La modalità di navigazione è stata la stessa adottata sugli altri fiumi: una zattera costruita con materiali di risulta che abbiamo costruito con l’aiuto di tanta gente.
Durante la navigazione abbiamo trovato il fiume in condizioni generalmente migliori rispetto a quanto ci aspettavamo di trovarlo. Il merito va alle campagne di sensibilizzazione ecologica che sta rendendo le persone più consapevoli, all’iniziativa di organizzazioni e associazioni di volontari che ripuliscono periodicamente gli argini, una volta considerate delle discariche a cielo aperto e alla raccolta di rifiuti più capillare. Ma restano ancora tante ferite aperte…
Oggi la zattera è stata trasformata in una bella panchina.