Il significato di Gange in lingua indiana è “Dea Madre”. Una mamma liquida che con le sue acque purifica da tutti i peccati e favorisce il ciclo delle reincarnazioni.
Ecco perché i fedeli si immergono nel Gange al tramonto di ogni giorno, sulla scia dei canti dei sacerdoti e in mezzo ai fumi dell’incenso: cercano una immediata purificazione. Ma il fiume sacro non è più un fiume pulito. Anzi, ormai può essere purtroppo considerato una fogna a cielo aperto dato che si mescola a più di 5 miliardi di acque nere, prodotte ogni giorno dai 450 milioni di residenti nella zona del suo bacino. Che nonostante l’aurea di sacralità, riversano in quel corso d’acqua anche altri rifiuti, come quelli in plastica. Oltre che le ceneri dei cadaveri. Un tempo il Gange era realmente purificatore anche perché nelle sue acque c’è (ancora) un concentrato di elementi chimici capaci di contrastare i batteri umani: questo è sempre stato il suo segreto. Ma oggi il piano di trattamento delle acque di scarico deve ancora essere completato. E il Gange che donava nuove vite ora in cambio porta, suo malgrado, la morte.
Oggi ho assistito al miracolo della creazione. E non poteva essere più romantico.
Ripensando alla piega che ha preso la giornata, da come era partita a come si è conclusa, stento a crederci.
Un’auto in contromano, una mucca che scava la terra per cercare cibo e trova solo polvere, una famiglia di maiali che grufola in un canale di scolo...
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